Un grande esemplare che dà pregio alla valle di Astino è la quercia all’inizio dalla salita che conduce al monastero, al bordo del canale che riunisce le acque sorgentizie a quelle dell’impluvio sottostante San Vigilio. Tutti la ricordiamo così da decenni, ha una crescita molto lenta e accoglie il visitatore ricordando che appartiene alla specie, Quercus petraea, che dominava questi territori prima del dissodamento per lasciar posto ai coltivi. I parenti più stretti sono nel bosco di Astino e dell’Allegrezza, ben visibili da qui. Il nome comune di questa quercia è rovere, lo stesso nome del legno vocato per le botti, ma utilizzato anche per i tronchi che reggevano le travature dei tetti, compito condiviso anche dal castagno. Il viale che sale al Monastero è accompagnato da un doppio filare di aceri e frassini che si alternano, i primi sono aceri americani della specie Acer negundo, i secondi sono frassini ornamentali di cui è difficile indicare con precisione la specie perché hanno caratteri non tipici. Mentre l’acero americano, come accade nel resto della provincia, tende a diffondersi, i frassini non dimostrano tale capacità.Sono tutti esemplari che vengono potati saltuariamente e che hanno subito tagli anche drastici delle chiome: eppure, hanno dimostrato sempre una ripresa sorprendente delle attività vegetative, sebbene non tutti godano di buona salute.Un aspetto interessante è la comunità lichenica che vive sulle cortecce, indice di una qualità dell’aria decisamente superiore a quella cittadina.Per approfondire :Due alberi della sopravvivenza, castagno e gelso