Due alberi della sopravvivenza, castagno e gelso


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Il castagno è una specie base della tradizione alimentare, un vero mezzo di sussistenza di cui non si buttava via nulla: oltre ai già citati utilizzi del legno da paleria, alle travi per i colmi dei tetti, alla legna da ardere, costituiva una fonte calorica conservabile per il frutto, raccolto in abbondanza e con vigilanza comprensibile vista la carenza generale di cibo. Gli esemplari innestati e isolati sono ormai perduti, come pure le selve castanili di cui permangono le piante che un tempo erano ceduate con regolarità e che oggi sono diventate alberi molto alti. Un’altra coltura che non ha lasciato tracce ad Astino è quella dei gelsi. Eppure per secoli è stata una fonte di reddito imprescindibile per le famiglie contadine, a volte l’unica che permetteva di introitare denaro in un sistema economico basato più sul consumo diretto e lo scambio che sul commercio. I documenti rivelano varie fasi di messa a dimora, sia lungo i fossati maggiori nella piana, sia in collina. Documenti indicano acquisti importanti di gelsi nel 17° e 18° secolo, anche 2.000 gelsi messi a dimora in meno di un decennio. Il declino è parallelo a quello della seta italiana e al parallelo trionfo delle altre fibre, cotone e fibre sintetiche comprese.