Nel 1600 fu vitato il versante meridionale della Valle d’Astino con uva bianca moscatella, vernaccia e malvasia. La vite ha dato l’impronta al paesaggio della Valle, un sistema che aveva il bosco come fonte di pali di castagno, i terrazzi per accoglierla ed espandere le colture, la terra lavorata zolla per zolla, le stalle da cui usciva un bene prezioso, il letame fatto di strame. Un tempo i tralci erano maritati a olmi o aceri campestri. Funzionali alla raccolta, trasporto e trasformazione dell’uva erano la viabilità minore, l’architettura imponente delle cantine del Monastero e gli arredi con botti e tini enormi. L’importanza viti-vinicola di Astino era tale che quella del Monastero è considerata la prima cantina sociale della Bergamasca, poiché affluivano anche uve di altri territori. Come immaginare il dettaglio? Le singole viti erano distanziate lungo la fila anche più di un metro, i filari distavano tra loro 3-4 metri e la terra in mezzo coltivata per tutto il resto. A partire dagli anni ’50 del secolo scorso le viti sono progressivamente scomparse dalla valle, con qualche rara eccezione, come in prossimità della cascina La Schésa. Un grande ritorno è, quindi, il vigneto recentissimo appena sotto il Monastero.Per approfondire :La vite