Le piante da bere


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La regola benedettina, che gli stessi monaci di Astino seguivano, prevedeva la coltivazione della vite e il diritto a 3/4 di litro di vino a testa al giorno (per sanificare l'acqua). L'importanza del vino era dovuta anche al suo ruolo nelle funzioni religiose, tanto che i monaci benedettini hanno giocato un ruolo fondamentale nella conservazione di vitigni antichi che essi custodivano.

La domesticazione della vite (Vitis vinifera) ha origini ancora più antiche: è avvenuta in tempi e luoghi diversi a partire da Vitis sylvestris, pianta rampicante scomoda da raggiungere sulla cima degli alberi, con fiori maschili e femminili in piante distinte, ma con bacche dolci apprezzate già 8.000 anni fa.
I primi viticoltori privilegiarono i pochi esemplari con fiori ermafroditi e capaci di autofecondarsi, all’origine della vite coltivata. La selezione delle piante con chicchi e grappoli più grossi, con più alto contenuto zuccherino e miglior aroma, continua tuttora, nonostante siano oltre 10.000 le varietà esistenti.

Un'altra pianta nota e utilizzata in passato dai monaci è il luppolo (Humulus lupulus), un'erbacea rampicante, nelle coltivazioni allevata su pali. Solo le piante femmine vengono coltivate per i fiori, che contengono luppolina, oli essenziali e resine che danno il sapore amaro alla birra, stabilizzano la schiuma e chiarificano la birra stessa. I germogli selvatici di luppolo sono tradizionalmente cucinati in risotti e frittate.