Il Castello dell’Allegrezza è il nome altisonante dell’edificio ormai ridotto ad un rudere. Piccola fortezza di un sistema difensivo di cui vi sono ampie tracce nelle torri d’avvistamento e segnalazioni presenti tra Longuelo e Mozzo, sia in pianura che in collina, è stata per secoli una cascina del Monastero di Astino. L’abbandono è relativamente recente, come testimoniano gli abitanti della valle e le fotografie in bianco e nero. Allegrezza, il toponimo benaugurale, secondo Maddalena Maggi ‘nasce dal termine “ Grangia”. Per deformazione in “Granza”, troviamo nel corso dei secoli: “la Granza”, “Alagranza”, “de la legranza”, “Allegraza”, “Allegrezza”.’ Un documento del 1516 rivela che il terreno intorno era ‘coltivato a vite, prugni, castagni da frutto e da legna, meli, peri, noci, ciliegi, fichi, salici, roveri, cerri’. Non è un paesaggio difficile da immaginare, molte sono le tracce lasciate.